Mutismo selettivo

Il primo ad identificare questo disturbo fu Adolf Kussmaul, nel 1877, il quale lo definì “aphasia voluntaria”, per intendere il comportamento di pazienti che deliberatamente decidevano di non parlare e dunque apparivano come muti.

Nel 1934, Martin Tramer definì questo comportamento “mutismo elettivo”, in quanto il mutismo si verificava specificamente in determinati contesti e con determinate persone, come se questi fossero stati in qualche modo eletti, determinati dal paziente, con un atto di volontà.

Infine, il termine fu modificato in “mutismo selettivo” nel DSM IV*  in quanto si è voluto rafforzare il concetto che non sono i pazienti a scegliere dove e con chi parlare, ma essi sono vittime della loro incapacità di parlare, in determinati contesti e con determinate persone.


L’incidenza di questo disturbo (M.S.) è di 1/1000 e leggermente prevalente nelle bambine; compare nella prima infanzia (3-5 anni); si accompagna ad ansietà sociale, tendenza all’isolamento, a ipersensibilità e a negativismo per cui viene avvicinato alla “fobia sociale”.

Al contrario dei disturbi del linguaggio che riguardano in maggior misura la comunicazione e/o il linguaggio con conseguenze psicologiche, il mutismo selettivo è un disturbo psicologico che si manifesta attraverso un disturbo del linguaggio. I bambini che presentano mutismo selettivo si rifiutano di parlare in una o più situazioni sociali significative, nonostante abbiano la capacità di comprendere e di parlare. Possono anche essere presenti timidezza eccessiva, isolamento sociale e rifiuto della scuola.

Alcuni autori hanno differenziato questi bambini da quelli che invece manifestano “riluttanza al discorso”, considerando quest’ultima come una forma meno grave di mutismo selettivo. Tale distinzione sembra essere particolarmente utile nel pianificare il tipo di trattamento: per i bambini restii a parlare si può partire dalle situazioni in cui già parlano, mentre per i bambini con mutismo selettivo che parlano in poche circostanze, il trattamento del loro silenzio richiede un lavoro maggiore per costruire le condizioni per poter parlare.

I fattori eziologici che si sono più spesso identificati sono costituiti da eventi traumatici e/o da un ambiente familiare che modella o reprime il discorso. Può anche essere una iperprotezione materna, ma non è chiaro se si tratti di un fattore eziologico o di una reazione al comportamento del bambino.
Sono stati individuate due categorie di bambini con mutismo selettivo: a) bambini descritti come immaturi, rinchiusi in se stessi, timidi e manipolativi; b) bambini molto dipendenti dai genitori, in particolar modo dalle madri.

A prescindere dall’eziologia, per questi bambini si è verificata una deviazione dello sviluppo dal normale percorso.

Per alcuni autori rappresenta per il bambino una modalità con cui controllare l’ambiente attraverso il silenzio e Rosenberg e Lindblad (1986) sostengono che i bambini con mutismo selettivo siano ben determinati nel mantenere il loro sintomo consistente nel silenzio. Inoltre, sembra esserci una maggiore incidenza di altri problemi di tipo comportamentale, compresi quelli di controllo sfinterico.
Nell’ambito della ricerca psicoanalitica, per Bovet Chagas et al., il mutismo selettivo viene visto come una negazione della separazione, una manovra difensiva primitiva e massiccia che si oppone al processo maturativo che va verso la separazione-individuazione.

Per la terapia psicodinamica la genesi del mutismo consisterebbe nello sforzo di immobilizzare attraverso il sintomo degli oggetti altamente persecutori. Si ritrova spesso nell’esperienza dei genitori prima e in quella del bambino poi una totale carenza d’oggetto nel periodo seguente alla nascita.


Aspetti caratteristici del MS:

Aspetto fisico:

si direbbe che ciò che i pazienti con mutismo selettivo non dicono con le parole, lo dicano con il corpo, mediante particolari posture evocative di stati d’animo. Anche i genitori di questi bambini hanno di solito un aspetto particolare, un po’ “bizzarro” nell’apparenza. Generalmente sono bambini esili con corporatura minuta e ripiegati su se stessi, l’esilità e l’incorporeità è uno dei tratti somatici comuni ai pazienti con mutismo selettivo.

Atteggiamento della famiglia nei confronti del sintomo:

ciò che caratterizza questi genitori è quello che si può definire un atteggiamento di preoccupazione-non-preoccupazione nei confronti del bambino, dove coesistono gli opposti. Spesso infatti il mutismo viene minimizzato definendolo come “timidezza” o come tratto della personalità vagamente ereditario o considerato come passeggero, oppure viene data una di quelle spiegazioni che Bateson chiama “spiegazioni dormitive” e cioè i genitori ritengono che il bambino smetterà mettendoci solo un po’ di buona volontà. “Tutte le spiegazioni infatti che propongono come fattore causale una qualità o un’entità interna o la sua mancanza sono per Bateson “spiegazioni dormitive” che fanno addormentare la nostra capacità critica”, la relazione non è interna alla singola persona ma è tra le persone.

A tratti emerge invece in questi genitori una preoccupazione per così dire “senza oggetto” con carattere acuto e di urgenza assoluta, come una preoccupazione fuori dal tempo.
Lo sfondo è senza dubbio sempre quello della morte che muove un controtransfert nel terapeuta di ansia, angoscia e preoccupazione. Viene indotta nel terapeuta la preoccupazione per una catastrofe incombente che egli si sforza di evitare quando forse la catastrofe è già avvenuta in tempi remoti. Lo sblocco, l’acquisizione del linguaggio a volte appaiono molto vicini e altre irraggiungibili.
Quando il figlio estende il sintomo anche a casa sembra essere il momento in cui i genitori fanno propria la preoccupazione dell’ambiente, come se non fosse anormale non parlare fuori ma come se fosse assolutamente intollerabile per loro che il figlio non parli più dentro casa.
Un elemento patognomico di queste famiglie è la depressione. Depressione e rabbia sembrano essere i vissuti dominanti di queste coppie per cui il passato non è emotivamente allontanato, ma è presente come se fosse accaduto in quel momento. La rabbia che accompagna la depressione è violenta e intensa e caratterizzata da rancore e disprezzo.

Pattern e vissuti:

Nei maschi si instaura un pattern tale per cui il padre stabilisce una identità con il ragazzo e generalmente quella paterna è una figura poco presente. Per quanto riguarda le madri hanno un elemento in comune che è quello di uscire in qualche modo dalla norma.
Uno dei vissuti dei ragazzi con mutismo selettivo è quella di estrema pericolosità della propria voce. Il mutismo è anche silenzio, la denuncia di una impossibilità a mettere in parole ciò che sembra eccedere la parola.

Il non parlare di questi ragazzi ha contemporaneamente anche il valore di una denuncia del fatto che i genitori non hanno mai “parlato”, cioè relazionato con loro quali essi sono veramente.
Accade che in terapia il bambino opponga agli sforzi del terapeuta la più completa passività, una resistenza passiva ad oltranza. Fa uso della sua inerzia per scoraggiare l’altro e per indurlo ad abbandonare il lavoro.

La preoccupazione del terapeuta è quella dell’immobilità, si trova a fronteggiare un mondo pietrificato e questo “tempo bloccato” è spesso evidente dai disegni stereotipati di questi bambini.
Indicazioni per il trattamento in letteratura:

Per definizione, i bambini con mutismo selettivo hanno scelto di non parlare nonostante abbiano la capacità di farlo.

I tentativi diretti di forzare il bambino a parlare sono inefficaci. La maggior parte dei trattamenti è caratterizzata da un graduale e incoraggiante procedere dal gioco non verbale a quello verbale. I trattamenti che si basano sul far pressione sul bambino affinché parli si rivelano spesso degli abissali fallimenti. Gli approcci terapeutici, quindi, devono coinvolgere il bambino in modo da incoraggiare il suo stesso desiderio di parlare. Il parlare, come il controllo sfinterico, è un processo interamente controllato dal bambino che normalmente prova un senso di padronanza e trae soddisfazione dal processo della comunicazione ed è incoraggiato a continuare a metterlo in atto. Tuttavia, in alcuni casi, il parlare non è rinforzante e il silenzio può divenire più remunerativo del parlare, così questi bambini possono raggiungere il controllo del loro ambiente restando in silenzio.

I bambini con mutismo selettivo hanno il controllo sul loro silenzio, perciò perché si verifichi un cambiamento è necessario che acquisiscano il controllo della loro comunicazione.

 

 

Articolo scritto da:
Dott.ssa Valentina Pericoli 
Psicologa Psicoterapeuta

 

*Quarta revisione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) da parte dell’American Psychiatric Association; USA, 1994.

 

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